Recentemente, un’importante fiera alternativa britannica ci ha dato la possibilità di parlare dei “Latti Vegetali” al leggendario London Kensington Olympia, dopo aver parlato ad una conferenza su ciperi e horchata con lo “Slow Food” l’anno scorso, abbiamo detto “Ok! “.
È stata anche la scusa perfetta per raccogliere e trascrivere in un documento tutto ciò che abbiamo imparato sui latti animali, nelle varie parti del mondo, nel corso degli ultimi due anni, grazie a ChufaMix.
Questo è il risultato di molte notti di ricerca e apprendimento, e riporta solo una minima parte della storia dei latti vegetali.
Godetevelo!
Latti vegetali: il passato, il presente e il futuro
Come Terence Scully e altri autori spiegano, i latti vegetali sono molto comuni in Europa per diverse ragioni:
- Nei secoli scorsi, l’Europa era piena di foreste antiche. Tutti raccoglievano noci selvatiche.
- Noci e altri semi potevano essere conservati a lungo in casa, così da fare il “latte” quando serviva.
- La tecnica di “emulsionare semi o “romperli e filtrarli attraverso un panno” era conosciuta e popolare tra diverse ere e civiltà.
- Il “latte” poteva essere bevuto o usato per cucinare e sostituire i più costosi oli e grassi.
- Il latte animale non dura a lungo e poteva trasmettere malattie, perché non c’erano frigoriferi! Quindi i latti vegetali sono sempre stati una risorsa importante.
- I latti vegetali erano essenziali per “ingannare” la fame e utilizzati come alternativa durante I Periodi festivi, in cui era proibito mangiare prodotti di origine animale.
- Il latte vegetale dei poveri era fatto con noci locali. I nobili, invece, importavano noci esotiche per fare il loro latte.
Secondo le nostre ricerche, il riferimento esplicito più antico che abbiamo trovato sul termine “latte vegetale” risale ai TEMPI DEGLI ANTICHI ROMANI (509 a.C. – 476 d.C.), nello specifico il quarto secolo dopo Cristo.
Marcus Gavius Apicius (Apicius), spiega nell’unica raccolta culinaria conservata dall’Impero Romano, “De re coquinaria”, che i latti vegetali erano utilizzati come ingrediente comune nella cucina del tempo.
Ma Apicius non ha raccolto solo ricette romane, ma anche una vasta gamma di ricette e tecniche culinarie di altre civiltà, come quella greca e della Mesopotamia.
Roma forniva materie prime a tutti gli angoli del vasto impero e Apicius ci ha sperperato tutta la sua fortuna.
Nel suo vecchio latino ha parlato di “latte di noce” (Lacte Nucis“) o la tecnica del “ricavare latte da alcune piante e alberi” (“… sucu seu lacte illius arboris”).
Apicius spiega che questi latti erano comuni anche nella cucina greca, riferendovisi con il termine “Xouxi” in greco antico.
Probabilmente i “latti vegetali” erano comuni anche tra le civiltà precedenti, perché la tecnica di “emulsione” e “filtraggio” dei semi pestati con un panno o uno straccio, è stata largamente praticata da tempi antichi.
Durante il MEDIOEVO (476 d.C. – 1492 d.C.), i “latti vegetali” erano ingredienti comuni come sale o latte animale.
Ricette riportanti letteralmente il termine “latte vegetale” (latte nocciole, natte di noci, ecc.) sono contenute in alcuni manoscritti di cucina dell’Europa medievale.
Uno dei libri più all’avanguardia e di valore del tempo era il “Llibre de Sent Sovi“ (1324) catalano. È stato un riferimento importante per i cuochi di corte di molti paesi, come Francia, Inghilterra, Italia, e altri.
Tra le varie ricette di piatti fatti con latti vegetali, vogliamo sottolineare la famosa “Menjar blanc“, una zuppa di latte di mandorla (“llet d’ametles”) assaggiata anche da “Don Quixote” (di Cervantes) mentre attraversava Barcellona.
In Inghilterra, “The form of Cury” (1390) è il più grande libro di ricette, nel quale il cuoco di Re Riccardo II ha raccolto 205 ricette di diversi periodi.
Ho sfogliato tutte le ricette una a una, e circa 45 ricette su 205 utilizzano latti vegetali. Latte di nocciole, latte di mandorle e latte di riso, sono tra i più utilizzati.
I latti vegetali non erano popolari soltanto nei libri di ricette, ma erano utilizzati anche come medicine.
Gervase Markham, nel suo famoso “The English House Wife” (1614 d.C.) raccomandava di mescolare latte di mandorle e altre erbe per alleviare la febbre.
Nicholas Culpeper nel suo “The complete herbal” (1653 d.C.), tra le altre prescrizioni, nella sezione “cetrioli” parla di come prevenire e alleviare le malattie epatiche facendo del latte con i “semi di cetriolo”: << L’usanza vuole l’utilizzo di una emulsione di semi, come fatto con il latte di mandorla. >> (sezione “Cetrioli”, pagina 61)
In Francia, il mitico “Le Viander” (s. XIV) di Taveillent, o “Le cuisinier François” (1651) di Pierre de la Varenne, tra gli altri, parlavano spesso di latte di mandorle (“laict d’amandes”) come ingrediente in diverse ricette.
In Italia, ci dichiariamo grandi fan del gran maestro Martino (1470), un’incredibile chef, che ha ispirato molti altri chef italiani, come Battista Platina o la “Raccolta di manoscritti napoletani” (secolo XV).
Le specialità del mastro chef Martino comprendevano “riso cotto in latte di mandorle” o “semi di canapa e sciroppo di mandorle”.
In Scandinavia, una raccolta di diverse prescrizioni scritte in danese antico, basso tedesco e islandese, è stata trovata in un monastero danese; l’antico “Libellus Art Coquinaria” (XIII-XIV Secolo).
Già alla prima pagina abbiamo scoperto il primo riferimento al latte vegetale, nella quarta ricotta del libro, nella quale l’autore spiega come fare un “antipasto” con latte di mandorla, prima di fare riferimento ad altri latti vegetali.
In Germania, il manoscritto “Das Buch von guter Speise” (1350) certifica l’importanza dei latti vegetali nella loro cucina.
La CULTURA ARABA (622 d.C. – 1492 d.C.), mentre l’Europa era immersa in ignoranza, barbarie e inquisizione, non solo era leader in arti, scienze, cultura, medicina e agricoltura, ma anche:
“Istahlaba”.
“Istahlaba” significa “fare latte vegetale” in arabo classico. In Inglese, “fare latte” può essere applicato a qualsiasi noce o seme, come spiega l’autore Charles Perry nel suo “History of Arab cookery”.
In antichi manoscritti arabi, come il “Libro dei Piatti” (Kitab al-Tabikh, secolo X) di Baghdad o il “Ricettario Anonimo di Al-Andalus”, del 1200 d.C. (secolo XIII), i latti vegetali erano usati comunemente nelle loro cucine.
Nell’ERA MODERNA (1492-1940) in nord Europa, la gente povera faceva latti vegetali con semi locali, come noci (latte di noce) o castagne (latte di castagne), mentre i nobili mangiavano piatti che prevedevano l’utilizzo delle mandorle più costose, importate dal Mediterraneo.
Non si possono tralasciare questi “poster” di inizio secolo XX in Germania.
In alcune aree della Spagna molte famiglie producevano latti vegetali per uso casalingo o per venderli nel circondario. I latti più comuni erano latte di arachidi (Saragozza), latte di semi di zucca (Murcia), e latte di mandorle (Isole Baleari).
Durante il secolo XIX e fino alla prima metà del secolo XX, i semi di cipero erano venduti ovunque in Spagna, e la horchata di ciperi (“horchata de chufas”) era un latte vegetale molto popolare, che poteva essere trovato ovunque, da Madrid a Barcellona, e, logicamente, nel suo luogo di origine, Valencia.
In Italia i latti vegetali fanno parte del DNA. E non soltanto per il leggendario mastro Martino.
Nelle bellissime fiere biologiche italiane, mentre facevamo latti vegetali con Chufamix, i siciliani ci hanno spiegato come i loro nonni facessero il latte di pistacchio in casa, e quanto fosse popolare il latte di mandorle fatto in casa nel sud Italia.
In ASIA, Domingo F. Navarrete (1704), un missionario in Cina, è stato il primo europeo a confermare l’esistenza del latte di soia nel suo libro “Una raccolta di viaggi“.
Il latte di soia è stato menzionato anche da Juan de Loureiro, un gesuita portoghese, nel suo libro “La Flora della Cina Cochin” (Fonte: https://www.soyinfocenter.com/HSS/soymilk1.php)
Per caso, sto scrivendo questo articolo in Asia meridionale, dove stiamo registrando dei video sui latti vegetali locali fatti in casa.
In Malesia e Tailandia, non parlano di “latte di soia”, dicono “acqua di soia” (“air-Tauru” o “taufu soy” in Malesia e “naam-Tauru” in Tailandia), ed è un drink fatto in casa molto popolare.
Stiamo vedendo e sperimentando in prima persona come cucinare con latte di cocco e bere latte di soia, siano tradizioni ancora molto forti. Sfortunatamente, abbiamo scoperto anche che l’introduzione del latte di mucca industriale, anche attraverso gli spot in TV, ha cominciato a manifestarsi nella cultura tradizionale, con il noto messaggio:
In NORD AMERICA, nel 1899, la nostra divina eroina avventurosa e vegetariana Almeda Lambert di Battle Creek, Michigan, descrive come fare ogni tipo di latti vegetali utilizzando arachidi, mandorle, ciperi, anacardi, pinoli, cocco, e così via, e anche come riciclare la polpa nel suo libro “Guide for Nut Cookery”.
La Lambert spiega come i missionari che arrivavano dalle “terre indiane” riportavano che i nativi erano capaci di macinare semi e noci, ed emulsionarli al meglio, utilizzando strumenti arcaici.”
Contemporaneamente, il USDA (Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti) ha pubblicato nel 1897 un “Confronto della composizione del latte di semi di soia e il latte di mucca.”
In SUD AMERICA, i latti vegetali sono molto comuni. Sono chiamati “horchata” per l’influenza spagnola. In tempi precolombiani, avevano il loro nome indigeno, perché molti di questi latti hanno origini native. Facevano latti vegetali o “horchata” con mandorle, riso, sesamo, e altri semi, a seconda del paese.
OGGI, nonostante la produzione di latte vegetale fatto in casa persista, la sua presenza è minoritaria, e la prevalenza dei latti vegetali industriali è imponente.
Come gli altri cibi precotti e “fast food” venduti in molti supermercati, il mondo dei latti vegetali è stato colonizzato dalla versione industriale.
Certo, mentre la popolarità dei prodotti “vegetariani” e “green” aumenta, molte persone credono davvero che i latti vegetali industriali sono “molto sani” e hanno poche conseguenze sull’ambiente.
Il prezzo elevato e la confezione o la bottiglia dal bel design, vende una versione ancora più desiderabile o l’illusione che ciò che si sta acquistando è “positivo per te e per il pianeta!”
Niente di più lontano dalla verità:
I latti freschi sono “curativi” quando sono naturali e non trattati con processi aggressivi industriali e termali, che eliminano enzimi, aminoacidi, vitamine, minerali, ecc.
Comunque, sì, l’unica certezza è che non contengono lattosio o glutine e sono prodotti “Vegan friendly”.
IL FUTURO
Per millenni i latti vegetali sono stati fatti in casa in modo naturale e nutriente, usando noci e semi raccolti.
Nel secolo XXI questa “arte”, come molti altri prodotti fatti a mano e connessi alle tradizioni locali, è in pericolo.
I prodotti locali non fanno parte dei programmi.
Grandi marchi multinazionali ritirano il loro “contributo” o fetta di mercato, quindi è necessaria una soluzione:
- Subentrare in questi prodotti locali e includerli nel loro “portafoglio” di prodotti industriali.
- Parallelamente, e per coprire le proprie tracce, “suggeriscono” anche alle autorità sanitarie di cambiare le leggi e imporre che se il “latte” non è pastorizzato o sterilizzato, è pericoloso per la salute.
Risultato: molte regole sanitarie ostacolano le piccole imprese familiari che vendono le versioni davvero naturali ed eliminano tutta la concorrenza.
Tutto nel nome della sicurezza alimentare dei consumatori, ovviamente!!
Questo è ciò che percepiamo dalle vite delle persone dei diversi paesi che stiamo visitando con Chufamix.
A Melaka e Penang (Malesia), storica intersezione dei commerci asiatici, è tradizione antichissima vendere latte di soia nelle strade, prodotto dalle famiglie nelle loro case.
A día de hoy, lo siguen haciendo. Pero a escondidas en los patios traseros de sus humildes casas porque hasta aquí, han llegado las estrictas legislaciones sanitarias.
Casualmente, cuando hace relativamente pocos años que grandes empresas asiáticas y transnacionales occidentales, siembran tiendas y supermercados locales con versiones industriales de leche de soya y leche de coco.
È ancora praticato oggi, ma di nascosto, sul retro delle loro umili case, perché oggi le rigide leggi sanitarie controllano e rendono illegale la produzione tradizionale di latte di soia.
In coincidenza, qualche anno fa grandi società multinazionali asiatiche e occidentali hanno iniziato a vendere versioni industriali di latte di soia e cocco.
Viviamo in un mondo globalizzato e accelerato, in cui l’unica cosa che sembra interessare è il denaro, a tutti i costi.
Tuttavia, almeno per ora, nessun ci può dire cosa fare e cosa no nelle nostre case. Grazie ai “panni”, il panno del secolo XXI il “Chufamix”, e altre macchine eccellenti, stanno dando la possibilità, pian piano, di fare i propri “latti vegetali” in casa.
Ecco delle ragioni per cui fare da soli il “latte”
Fare del latte vegetale naturale in casa richiede meno tempo rispetto all’andare in negozio e acquistare la versione industriale.
Il latte fresco e fatto in casa è molto più nutriente.
Costa meno.
Controlli cosa mangi perché scegli i semi che preferisci.
Non genera rifiuti e consuma meno energia.
Non è necessario collaborare con le grandi multinazionali che stanno distruggendo il nostro pianeta.
CONCLUSIONI
I latti senza lattosio non sono una moda passeggera e sono sempre esistiti.
Riusciremo a recuperare una traduzione estinta dei nostri antenati, facendo il latte in casa?
Chissà, ma se la gente smettesse di guardare tanta TV, forse qualcosa cambierebbe.
Il nostro pianeta ne ha bisogno!!
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